Cenni Storici ...

(di Maurizio Angelucci)  

 

Lanciano, secondo la leggenda, fu fondata da un compagno di Enea, Solimo, che la chiamò Anxia o Anxianon, in onore di un suo fratello o compagno d'armi, Anxa. Si ritiene che sarebbe stata fondata il 1° settembre 1181 a. C., per cui le sue origini sarebbero preromane per oltre quattrocento anni. Per altri, la sua nascita fu dovuta a Diomede, sempre subito dopo la caduta di Troia. Il nome diventò Anxanum o Ancianum, nel secondo secolo a. C., Lanciano e infine Lanciano nel Medioevo.

La città fu forse la capitale della Frentania, una regione compresa tra i fiumi Foro e Fortore, che si estendeva dall'attuale zona di Ortona fino a gran parte del territorio molisano, comprendendo i paesi alle falde della Maiella che ne racchiudeva i confini.

All'inizio della sua storia, essa fu abitata dagli aborigeni (come hanno dimostrato gli scavi in contrada Marcianese e in molte altre parti della città) che, purtroppo, non trasmettevano ai posteri la loro civiltà.

Poi si susseguirono i Greci, gli Etruschi, i Romani, i popoli indoeuropei e i Frentani. In seguito i Galli cacciarono le popolazioni esistenti o si mischiarono con esse.

I locali combatterono coraggiosamente contro Roma durante la cosiddetta guerra sociale, ma la città capitolò nel 321 a. C. Essa conobbe un lunghissimo periodo di prosperità e fu dapprima colonia e poi un importante "Municipium" dell'Impero Romano. L'agricoltura ed il commercio si svilupparono enormemente e le fiere locali, le "Nundinae", erano molte famose nel vecchio mondo.  Inoltre, la struttura urbana mutò profondamente con la costruzione di monumentali templi dedicati alle divinità pagane, di larghe strade che collegavano la città con gli altri centri della Frentania, di fontane, acquedotti e quella magnifica testimonianza della romanità di Lanciano costituita dal ponte Diocleziano (costruito e dedicato all'imperatore nel III secolo).

In seguito ci furono le invasioni delle orde barbariche, per cui la caduta dell'Impero Romano d'Occidente (nel 476) significò il ritorno al paganesimo e un lunghissimo e triste periodo di distruzioni, guerre, crudeltà.

La città fu interamente distrutta dai Longobardi (nel 571), ma fu subito costruito un castello sulle sue rovine (i cui resti sono visibili in "Via degli Agorai"). Attorno ad esso si sviluppò il nucleo di quello che, ampliandosi ulteriormente, sarebbe diventato il primo quartiere cittadino, Lancianovecchia.

Nella lotta di supremazia tra i Bizantini, che stavano rioccupando la penisola, e i Longobardi, la città si schierò con questi ultimi e riuscì, secondo una leggenda, a respingere i Greci con l'aiuto di S. Maurizio, il primo patrono della città, nel 610.

Comunque, i Bizantini conquistarono la città e i monaci greci dell'ordine di S. Basilio si insediarono nella chiesa dei santi Legonziano e Domiziano (oggi S. Francesco d'Assisi) dove, nel 700, avvenne il primo Miracolo Eucaristico della storia della chiesa cattolica. La dominazione bizantina favorì il rifiorire dei commerci proteggendo i traffici marini dai pirati, e Lanciano tornò ad essere un'importante via di comunicazione degli affari greci, italiani ed europei, con notevoli benefici per la sua economia.

Essa entrò a far parte del regno dei Franchi nel 774 e un'altra leggenda dice che fu distrutta da Pipino il Breve e poi ricostruita. Sotto Carlomagno si ebbe una nuova prosperità economica e la rivitalizzazione delle attività agricole. Ma Carlomagno non fu solo un gran conquistatore e seppe organizzare i suoi domini; così Lanciano trasse notevoli vantaggi dall'essere annessa prima al Ducato di Spoleto e poi a quello di Benevento.

La successiva disgregazione dell'Impero Carolingio provocò una nuova serie di incursioni di Ungari, Saraceni e Germanici che causarono la rovina economica e materiale della città. Questi eventi resero necessaria una nuova conformazione urbana per la difesa del territorio; le case disseminate nelle campagne o raccolte attorno ai conventi costituirono i primi nuclei dei quartieri del centro storico.

Un documento del 1060 firmato dal capitano dei soldati normanni, Ugo Malmozzetto, parla del fatto che la città abbisognava di mura tutt'intorno (si tratta del primo documento scritto della storia di Lanciano). I Normanni favorirono l'accentramento urbano e, col conglobamento delle singole funzioni economiche e commerciali dei nuclei isolati, s’incrementarono gli affari cittadini. La città fu avvantaggiata dalla saggia politica dei nuovi dominatori che, dopo aver debellato gli ultimi residui del potere bizantino e longobardo, eliminarono ogni forma di anarchia; essi, inoltre, rispettarono gli usi e i costumi locali, con notevoli benefici per la vita cittadina. Allora, riacquistarono importanza le fiere lancianesi come ai bei tempi della romanità.

Questa situazione perdurò sotto la dominazione sveva (1189-1266) che favorì gli affari locali considerandola città demaniale, dipendente dalla Corona e non soggetta agli abusi dei feudatari.

Seguì il regno degli Angioini (1266-1381) caratterizzato dall'apertura di un'importante zecca e da una rivolta popolare (nel 1303) contro il conte Filippo di Fiandra, che permise la riconferma dello stato demaniale alla città. Nel 1304, fu istituita dal re Carlo II d'Angiò l'importante carica pubblica del Mastrogiurato per regolare l'andamento delle fiere.

Gli anni di dominio Aragonese (1381-1501) furono contrassegnati dalle dispute cruente contro gli ortonesi, i quali   pretendevano il pagamento di dazi per le merci dirette alle fiere lancianesi che approdavano nel loro porto, l'unico della Frentania. Favoriti da continue concessioni di esenzioni fiscali, mercanti e visitatori convenivano alle fiere non solo dalla Frentania o dalla penisola, ma erano anche presenti greci, dalmati, spagnoli, germanici, francesi e giungevano perfino dall'Asia e dall'Africa. La ricostruzione del viciniore porto di S. Vito rafforzò i commerci cittadini e provocò nuove controversie tra Lanciano ed Ortona. Gli Aragonesi fecero varie concessioni per disporre liberamente del porto di S. Vito e, in virtù della più importante di esse, quella del re Alfonso d'Aragona nel 1441, le fiere acquistarono maggiore rilievo e redditività. La pace fu poi realizzata da S. Giovanni da Capestrano nel 1427.

Con la scoperta del Nuovo Mondo e lo spostamento dell'asse commerciale verso l'Atlantico si verificarono molte perdite economiche per i territori della penisola, mentre Lanciano rinviò il suo declino proprio grazie alla ricchezza delle sue fiere.

La città fu poi teatro delle guerre di conquista di Francia e Spagna fino alla metà del 1500 e gli abitanti ne subirono le conseguenze negative. Le guerre franco-spagnole s'inserirono in un contesto civile già precario per le lotte fratricide tra due fazioni della potente famiglia lancianese dei Ricci, che si schierarono l'una coi francesi e l'altra con gli spagnoli. Sia l'occupazione francese che la riconquista e il sacchegio degli spagnoli seminarono lutti e rovine e fecero perdere dei feudi prosperi alla città. La pace tra i membri della famiglia Ricci fu ristabilita nel 1534.

Nel 1515, risolvendo una disputa secolare tra la Curia cittadina e quella chietina, la S. Sede istituì il Vescovado di Lanciano che nel 1562 diventò Arcivescovado.

Nella seconda metà del XVI secolo, pacificata la situazione al suo interno, si svolsero altre importanti edizioni fieristiche in un'evidente contraddizione perché esse raggiunsero il loro massimo splendore contemporaneamente ai primi segnali di decadenza (maggiore importanza delle fiere di Senigallia, insicurezza dei commerci a causa delle scorrerie dei turchi, i debiti contratti da una pessima amministrazione cittadina).

Le secolari fiere lancianesi decaddero definitivamente nella metà del XVII secolo, per il deperimento commerciale conseguente agli errori dell'amministrazione spagnola e per la peste del 1656. Gli Spagnoli cercarono di fronteggiare le loro spropositate spese (necessarie per le guerre di conquista) vendendo, nel 1640, la città al duca di Pallavicini che, sei anni dopo, la rivendette ad un marchese di Vasto. Ciò provocò una rivolta popolare capeggiata da Carlo Mozzagrugno nel 1647 che fu repressa duramente nel giro di un mese; la città, comunque, continuò a ribellarsi al marchese dalla cui tirannia si liberò definitivamente molti anni dopo.

Tutti questi eventi provocarono il tracollo economico e morale di Lanciano che si protrasse negli ultimi anni del 1600 e nei primi trent'anni del 1700.

Dopo le guerre di successione ci fu, intorno al 1730, e dopo una breve parentesi di dominazione austriaca, una rinascita delle attività economiche cittadine per l'ottima amministrazione dei nuovi governanti spagnoli.

Si diffusero, poi, le nuove idee illuministe di libertà e di giustizia sociale contro ogni forma d’autoritarismo. Tuttavia, pochi compresero il reale valore delle nuove idee rivoluzionarie e i più restarono fedeli al sistema assolutistico.

Lanciano fu occupata dalle truppe napoleoniche nel 1799 e con la nuova "Repubblica Napoletana" si sperò in un avvenire di "Libertà, Uguaglianza, Fraternità". Ma i Borboni ripresero il trono l'anno seguente, approfittando del fatto che i francesi erano impegnati nei vari campi di battaglia europei. Così, per la precedente fedeltà di Lanciano ai francesi, ci furono ancora delle vendette da parte degli spagnoli.

Il ritorno dei francesi nel 1806, col ritorno del fratello dell'imperatore Joseph sul trono di Napoli, e il successivo avvento di Murat nel 1808, non cambiarono le condizioni sociali generali del popolo che non sapeva se essere fedele alle idee repubblicane o monarchiche. Era sempre la stessa storia.

Col ritorno dei Borboni, imposto dal Congresso di Vienna, la città fu nuovamente perseguitata. Intorno agli anni 1821 e 1831, al tempo dei moti carbonari più famosi, vi erano circa duemila iscritti alle società segrete a Lanciano, ma tutto procedeva ordinariamente sotto gli spagnoli.

Poi è noto che grazie all'opera intellettuale e politica di Mazzini e Cavour, e all'azione di Garibaldi e del re Vittorio Emanuele III di casa Savoia, l'Italia fu di nuovo unita nel 1860. L'8 settembre 1860, Lanciano dichiarò la sua annessione al nuovo Regno d'Italia.

Dopo il 1860, mentre l'Italia si preparava a risollevarsi politicamente, culturalmente e moralmente, a Lanciano sorsero diverse industrie e si sviluppò l'artigianato. Si cominciò anche a progettare un nuovo sviluppo della città, che avrebbe cambiato il suo volto partendo da Piazza Plebiscito per estendersi verso la sua periferia (ciò che avvenne negli ultimi anni del 1800 e nei primi del nuovo secolo). 

Nell'ultimo quarto di secolo dell'ottocento, Lanciano svolse un ruolo fondamentale nella cultura nazionale e mondiale per la divulgazione di importanti opere letterarie da parte della famosa “Casa Editrice Rocco Carabba” che contribuì notevolmente a "formare le coscienze degli italiani".

Molti lancianesi caddero in combattimento durante la prima guerra mondiale, e i loro nomi sono ricordati nel grande monumento marmoreo dedicato ai caduti di tutte le guerre in Piazza Plebiscito. Dopo un breve periodo di pace ci fu l'avvento del fascismo e la perdita della libertà.

       Tutta la gloriosa storia della città era nell'animo dei suoi cittadini, che si ribellarono all'occupazione nazista nelle tragiche giornate del 5-6 ottobre 1943 (nel 1952, Lanciano fu decorata con la medaglia d'oro al Valor Militare nell'Italia repubblicana). Un'altra orribile giornata fu quella del 20 aprile 1944, quando in Piazza Plebiscito, a mezzogiorno, si festeggiava la liberazione di Lanciano e degli aerei tedeschi in ritirata fecero una carneficina.

Il resto è storia recente comune a tutta l'Italia.